Matrimoni falsi tra cittadini italiani ed extracomunitari per ottenere il permesso di soggiorno. Ogni rito nuziale valeva tra i 6 e gli 8 mila euro
Fiori d’arancio per 24 persone – 15 uomini e 9 donne – che, tra il 2014 e il 2019, hanno celebrato le proprie nozze con cittadini stranieri. Il fatidico “sì” non è stato mosso, però, dal desiderio di coronare il sogno di una vita insieme. Si è trattato, infatti, di falsi matrimoni tra coppie di perfetti sconosciuti, incontrati solo per espletare le incombenze necessarie per la celebrazione del rito civile e, nella gran parte dei casi, definitivamente allontanatisi appena usciti dalla porta del Municipio.
Cento militari appartenenti a 10 Reparti del Corpo, coordinati da questo Comando Provinciale e dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziari hanno eseguito, nelle scorse 48 ore, 5 misure cautelari personali e 55 perquisizioni nelle province di Livorno, Siena, La Spezia, Torino e Padova per porre fine a un subdolo sistema di celebrazione di falsi matrimoni tra italiani, sudamericani e nordafricani finalizzati all’ottenimento di un titolo di soggiorno in Italia.
Le indagini, condotte dalle Fiamme Gialle sotto la direzione della Procura della Repubblica di Livorno, riguardano le ipotesi di reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e induzione in falso in atto pubblico. In particolare, le accuse sono state rivolte ad un 55enne arrestato in carcere e altre 4 soggetti, tra cui una donna, sottoposti all’obbligo di dimora e presentazione alla polizia giudiziaria. Si tratta degli organizzatori “seriali” dei falsi matrimoni, nei cui confronti il GIP del Tribunale di Livorno ha disposto l’adozione di provvedimenti cautelari personali.
Ignari e incolpevolmente coinvolti nel sistema illecito sono risultati anche i pubblici ufficiali intervenuti nella celebrazione dei 24 falsi matrimoni (in 23 casi presso il Comune di Livorno e in un’occasione presso quello di Rosignano Marittimo) e nel rilascio dei titoli di soggiorno nei confronti di 24 persone.
Il subdolo sistema
Nel corso delle indagini è emerso che, dietro pagamento di denaro, gli autori degli illeciti reperivano soggetti compiacenti – italiani di ambo i sessi, frequentemente gravitanti nelle aree limitrofe a Piazza della Repubblica e via Garibaldi, spesso bisognosi di liquidità necessaria per acquistare stupefacenti – disponibili a contrarre “fittiziamente” matrimonio con persone del tutto sconosciute, in molti casi incontrate solo e unicamente in occasione della cerimonia nuziale.
Al centro del sistema, l’organizzatore 55enne residente a Livorno e ora tratto in arresto, dimostratosi in grado di reperire gli italiani da far sposare ad altri latino-americani e a nordafricani per poter regolarizzare la propria posizione di ingresso e soggiorno in Italia.
Le coppie di “sposi” erano spesso caratterizzate da una differenza d’età, a volte anche consistente, tra i coniugi. In due casi, le “spose” si sono, poco dopo il matrimonio, ritrovate già vedove di uomini anche trent’anni più anziani. A carico di una di queste, poco più che quarantenne, è stato contestato anche l’abbandono di persona incapace in ragione delle patologie sofferte e dell’età avanzata (ultra settantenne). Tra l’altro, non appena appresa la notizia del decesso dell’anziano coniuge, la vedova, che si trovava in Spagna, faceva rientro in Italia e, come erede, subentrava quale locataria di una casa popolare a Livorno.
Per comprendere quanto labile fosse il rapporto tra i coniugi, può citarsi il caso di uno “sposo” italiano che, a distanza di alcuni anni dopo il falso matrimonio, ha inteso intraprendere il percorso per ottenere il divorzio. A tal fine, quest’ultimo si è nuovamente rivolto all’uomo che lo aveva reclutato come “sposo a pagamento” poiché non era in grado di ricordare il nome della donna con la quale aveva contratto le nozze e non sapeva, dunque, come richiederne la separazione legale. Dopo non essere riuscito a reperire il cognome della propria “moglie” nemmeno tramite ricerche sui social e sul web, ha, infatti, richiesto all’organizzatore delle “nozze combinate” come poter rintracciare la donna.
Il solito organizzatore è risultato provvidenziale anche per consentire le, pur brevi, comunicazioni tra gli sposi. In un’occasione, la differenza linguistica tra uno “sposo” livornese e una “sposa” dominicana stava per diventare un ostacolo che non avrebbe consentito di perfezionare il rito nuziale. Per superare tale gap, il “wedding planner” si è offerto come interprete in grado di garantire il necessario dialogo tra i due nubendi.
Ogni matrimonio celebrato prevedeva il pagamento di un corrispettivo, solitamente tra i 6.000 e gli 8.000 euro, da ripartire, poi, tra il “coniuge” italiano, l’“agente matrimoniale” e altri soggetti che, in più occasioni, si sono prestati a collaborare per organizzare le cerimonie nuziali.
Può, dunque, stimarsi come il sistema abbia prodotto – considerando solo i 24 matrimoni di cui è stata accertata la falsità che probabilmente sono destinati ad aumentare sulla base degli elementi raccolti – un volume d’affari illecito di circa 150-200 mila euro.
Le dichiarazioni del Colonnello Gaetano Cutarelli, Comandante Provinciale
“È stato scoperto e interrotto dalla Guardia di Finanza di Livorno un subdolo sistema di sfruttamento dell’immigrazione clandestina. Cittadini italiani si sono prestati a contrarre matrimonio con extracomunitari per ottenere il permesso di soggiorno, traendo in inganno i pubblici ufficiali che hanno celebrato le nozze.
È un’operazione di contrasto anche all’illecito arricchimento da parte degli organizzatori dei matrimoni fasulli, che venivano “venduti” a 8.000 euro l’uno. Indagini che hanno riguardato e riguardano zone urbane non facili per l’ordine e la sicurezza pubblica, come a Livorno il quartiere di piazza Garibaldi, visto che 30 dei 55 indagati erano soliti gravitare su questa area centrale della città.
L’obiettivo è anche la protezione delle imprese che operano in queste aree ad alta densità, soprattutto in questa “Fase 3” in cui è necessaria una ripresa e una difesa incisiva dell’economia dalla criminalità”.