Io me la ricordo bene, la sera del 9 settembre 2017. Ero a Tirrenia a festeggiare il compleanno di un mio amico quando fummo sorpresi da un vero e proprio fortunale.
Alle 9 e mezzo tornai a casa e le strade erano già allagate.
Poi quella maledetta notte continuava a piovere in un modo non normale. In un modo inusuale per Livorno. Non sapevo, non potevo sapere e non potevo immaginare quello che da lì a poche ore sarebbe accaduto e avrei visto.
Non chiusi occhio per tutta la notte. Alle prime luci dell’alba iniziai a rendermi conto di essere di fronte a una tragedia di dimensioni epocali.
Livorno è una città rumorosa, casinista. Spesso in un modo inutilmente becero.
Quella mattina no. C’era un silenzio surreale. E acqua e fango dovunque, una massa grigia e marrone che si era impadronita della nostra città.
Silenzio. E fango. Devastazione. E morte morte morte morte morte morte morte morte. Otto volte, come le vite umane che abbiamo perso.
Ricordo il dolore e l’impotenza dinanzi alla casa della famiglia Ramacciotti. E quel dolore è qui, sotto pelle.
Dolore e incredulità, perché pensavamo, stolti che non eravamo altro, che certe tragedie non potessero colpire mai la nostra città, baciata da un clima mite e dolce come certi angoli di Livorno.
Passa il tempo, sono già due anni, ma dimenticare non è possibile. E oggi nulla è più come prima. Neanche il rumore della pioggia.
Fabrizio Pucci, nato a Livorno nel 1970. Scrive il primo articolo a 14 anni. Giornalista pubblicista dal 1995. Esperienze nelle TV locali, poi il salto a TelePiù e a SportMediaset. Ex responsabile dei servizi sportivi del Corriere di Livorno, collaboratore del Tirreno dal 2009. E poi Urban Livorno. Appassionato di calcio – meglio se amaranto – e di sport. Un amore: il figlio Edoardo
Bravo fabrizio
Grande Fabrizio Pucci Mitico…